lunedì 8 dicembre 2014

L'abbazia di San Giovanni di Valsenio, Casola Valsenio (RA): splendido heritage

A distanza di qualche mese dalla nostra visita alla Abbazia di San Giovanni di Valsenio, effettuata in occasione della "Settimana del Buon Vivere", di cui abbiamo scritto qui, abbiamo ricevuto prezioso materiale documentale relativo alla storia dell'abbazia, a cura dell'architetto Roberto Pistolesi, direttore dei lavori di restauro, e siamo felici di poterlo condividere. Al termine della lettura, qualora decidiate di effettuare la visita vi preghiamo di prendere contatto con la Sig.Ra Claudia Cavallari, Comitato di Restauro e Organizzazione Eventi, al 3356666744 per la prenotazione. La Abbazia di San Giovanni di Valsenio è infatti normalmente aperta solo la domenica dalle 9.30 alle 10.30, salvo prenotazione.
Il complesso parrocchiale dell’Abbazia di Casola Valsenio, costituito dalla chiesa, l’attigua canonica ed il cimitero, è frutto di una successione di profonde trasformazioni edilizie operate nei secoli sulla struttura originaria. Ubicata a circa 1 chilometro dal centro del Comune, sulla Statale Casolana Riolese, si presenta con la facciata a salienti, caratterizzata dal paramento in muratura di conci in pietra a faccia vista, inquadrata a sinistra dal perimetro del cimitero ed a destra dal muro di cinta della corte interna della canonica. Il semplice portale di ingresso in conci di pietra è sormontato da una bifora; mentre arcatelle in laterizio a vista completano l’aspetto romanico del fronte. Di impianto basilicale, la pianta della chiesa presenta tre navate, coperte mediante una orditura di capriate e terzere a sostegno del manto di tavelle e coppi, che si concludono centralmente nel catino dell’abside, decorato con pitture policrome, la navata sinistra con il vano della sacrestia, mentre quella di destra conduce alla cappella invernale, situata ad una quota inferiore rispetto al piano di calpestio dell’aula. 
Attraversata la zona di ingresso del portale, da cui si accede a due piccoli ambienti laterali di cui uno conserva il fonte battesimale, le navate sono definite da una successione di setti murari nella cui tessitura sono ancora evidenti le strutture di partitura dell’edificio originario. Tali setti sono collegati tra loro da archi a tutto sesto che sostengono il cleristorio della navata centrale. Il presbiterio, sopraelevato dall’aula da un gradino in pietra, è definito da quattro colonne decorate in finto marmo che sorreggono la cupola, realizzata con struttura lignea, centinature e cannicciato intonacato e dipinto. L’abside, dietro l’altare maggiore, è coronata lungo il perimetro da pregevoli scanni in legno. L’istituzione religiosa doveva avere giurisdizione ampia su tutta la vallata, ove i monaci si stabilirono in data imprecisata, ma probabilmente verso il VIII-IX secolo, operando trasformazioni agricole e dando origine a numerose altre dipendenze. L’esistenza a pochi chilometri di distanza delle vestigia del castello di Monte Battaglia, noto alle cronache per essere stato costantemente centro vitale e perno di scontri di eserciti, caratterizza la zona come un’area di importanza strategica, militare e religiosa.
Sembra fondata l’ipotesi che i Franchi abbiano lasciato presidi militari sul loro territorio proprio nei punti geografici cruciali.  Da elementi storici esaminati intorno al 1950, ad opera di un ricercatore e storico ravennate, appare addirittura che Pipino il Breve, chiamato in Italia da Papa Stefano II contro il re longobardo Astolfo (al quale tolse l’Esarcato e la Pentapoli nel 754/756 d.C.), abbia concesso ad uno dei suoi uomini d’arme le terre della vallata di Valsenio, dando origine al castello di Monte Battaglia. È lecito supporre la creazione contemporanea di un insediamento anche nell’area piana che, dai reperti archeologici bizantini conservati all’interno del complesso monastico, potrebbe anche identificarsi con la sovrapposizione ad un altro preesistente. La realtà nel territorio di un centro strategico, favorita dalle condizioni politiche e religiose dell’epoca, in particolare dal rapporto dei Franchi con la Chiesa, ha portato ad un’espansione e trasformazione dell’insediamento militare a nucleo primordiale dell’abbazia benedettina. Le prime memorie del monastero risalgono al principio del secolo XII. Nel XIII secolo scompaiono gli abati e restano i priori con pochi monaci.

La decadenza del complesso di Casola coincise con la fine della signoria del Castello, avvenuta in concomitanza con il graduale dissolversi del potere dei Franchi ed il sorgere di nuovi ordini, quali i Francescani, i Domenicani, Serviti e Carmelitani. Anche dopo la scomparsa dei monaci, l’insediamento continuò a lungo denominarsi il “Monastero” od il “Monsterio”. Alla chiesa abbaziale era annessa una delle più antiche parrocchie della vallata, il cui fonte battesimale è tuttora conservato all’interno dell’edificio, una delle poche testimonianze dell’esistenza della chiesa nel periodo precedente al secolo XVI. Dalle ricerche storiche emergono ben pochi elementi certi sull’origine dell’abbazia. La perdita dei documenti, dovuta a guerre, saccheggi, incendi, lascia labili tracce solo inerenti i secoli XI e XII, ma i reperti custoditi dalle murature, se pur rimaneggiate più volte, alla luce anche delle indagini archeologiche, possono aiutare a ricostruire la storia dell’edificio.
Difficile risulta anche individuare il primitivo impianto della chiesa, non se ne conosce neanche l’anno di consacrazione. In atti del 1599, la vecchia chiesa viene descritta come un edificio orientato a ponente, caratterizzato da una magnifica porta di ingresso, cui vi si accedeva scendendo sei scalini in pietra. Il priore Giacomo Paolini fece abbassare il terreno antistante la chiesa per eliminare tale “difformità”. La configurazione originaria della chiesa era sempre impostata sullo schema basilicale a tre navate con struttura di copertura in travi lignee a vista, completate in seguito, su desiderio espresso dal vescovo Musotti, da un sistema di copertura a volte per le navate laterali. All’interno, il pavimento era in lastre di pietra e le pareti in muratura di pietra a faccia vista furono intonacate nel 1614. Il Priore Paolini ordinò di rifare la pavimentazione dell’aula utilizzando conci di pietra del Rio della Nave. La chiesa, rimasta danneggiata dal terremoto dell’aprile 1781 e dai successivi, subì notevoli restauri sotto il priorato di Luigi Costa. Nel 1614 il vescovo Paleotti ordina la creazione di una serie di finestre lungo le navate in modo da migliorare l’illuminazione dell’interno della chiesa. Sembra ci fosse anche una finestra a croce greca sopra l’arco dell’abside. Verso al fine del XVI secolo l’altare maggiore era posto in aderenza al muro, all’interno dell’abside decorata da immagini sacre, sostituite successivamente da un quadro a causa del loro cattivo stato di conservazione.
Il 13 ottobre 1614 fu ordinato di rimuovere l’altare dalla sua posizione, in modo da ricavare sul retro lo spazio per il coro. Nel 1689 all’interno della chiesa si contavano nove sepolcreti: dei Bartoli, dei Marabini, dei Rinaldi, dei Valenti, degli Oriani e dei Bertonazzi; due delle Confraternite del SS. Sacramento, per gli uomini, e del Rosario per le donne; l’ultimo era per i bambini. Il sagrato della chiesa serviva da cimitero; l’area andò poi allargandosi verso nord-est, sino a formare l’attuale, cinto da mura e chiuso con cancello. La chiesa di Valsenio, tanto elogiata nei secoli passati, viene descritta nel 1850 di pessima architettura dal priore Lorenzo Costa. Il suo successore Giovanni Linguerri, negli anni 1860-1861 restaura completamente a sue spese l’intero edificio, rifacendone la facciata e trasformando la copertura delle navate in un sistema di volte a vela. In seguito ai lavori, l’edificio risulta stravolto, perdendo ogni valore di memoria architettonica, come di qualità artistica negli elementi che lo costituiscono. L’antica chiesa benedettina, probabilmente in stile romanico del IX secolo, è andata completamente perduta, alterata nelle sue proporzioni, pur rimanendo una basilica a tre navate, ma ampliata e rialzata sia nella quota di calpestio sia in quella di imposta della copertura. 
Sembra si sia conservato, sopra l’attuale volta del presbiterio, l’originale struttura dell’abside,con frammenti di un grandioso affresco risalente alla prima metà del XV secolo. Probabilmente rimase coperto nel 1614, quando si spostò in avanti l’altare maggiore e di conseguenza prolungata sopra di esso la volta dell’abside. All’esterno rimangono leggibili impronte dello stile originario della chiesa solo nella partitura muraria dell’abside. Durante i lavori di “ristrutturazione” nel 1949, in seguito ai danni subiti durante la seconda Guerra Mondiale, fu possibile individuare alcune linee dell’edificio originario, ma un ripristino della struttura, visti i troppi interventi subiti, non era più probabilmente attuabile. Ed arriviamo quindi ai giorni nostri, con i restauri e l'inaugurazione del nuovo allestimento effettuato in data 19 maggio 2014. Buona gita dunque: da Ravenna per raggiungere l'Abbazia di San Giovanni di Valsenio sono circa 60 km, per godere di uno splendido heritage e di una full immersion nel passato.

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