Nel XIV secolo sorse, lungo il fiume Lamone, il villaggio detto "Villanova delle Capanne", tra Bagnacavallo e Mezzano (RA). Le abitazioni di allora - i capanni in erba palustre - non vennero utilizzate solo come dimore, ma ben presto anche come laboratori, dove la popolazione, laboriosa e geniale, svolse per lungo tempo un’attività di tipo artigianale, conosciuta oltre i confini nazionali. In seguito, esse divennero anche ricoveri per attrezzi o animali, conserve o cantine ineguagliabili. Presso il museo delle Erbe Palustri è possibile visitare alcune di queste capanne, costruite secondo i criteri di un tempo. Sono magnificamente belle, e di esse abbiamo scritto qui.
Ci corre l'obbligo sottolineare che si tratta di una costruzione ad impatto ambientale “zero” che si integra armoniosamente con l’ambiente circostante, sia nelle zone umide che in quelle rurali e periferiche, da considerarsi una vera e propria “casa della natura”, esattamente come le tane degli animali o il nido degli uccelli.
Il museo delle Erbe Palustri di Villanova di Bagnacavallo (RA) è a tutti gli effetti un museo etnografico, attento al rapporto tra innovazione e tradizione della cultura materiale. Sono solo 13 gli eco musei presenti in regione Emilia Romagna. La collezione museale è amplissima, comprendendo più di 1500 manufatti, perlopiù frutto di donazioni da parte della collettività.
Ma il museo tende anche alla tutela del patrimonio immateriali come “il saper fare” e sviluppa azioni di responsabilità nei confronti dell'ambiente naturale che ha alle spalle. Lo scopo dichiarato è quello di non restare ostaggio della nostalgia prodotta da arnesi e mestieri ormai scomparsi, quanto invece di trarre dalla consapevolezza della tradizione, senso di appartenenza, rispetto e conoscenza delle specificità ambientali e, se possibile, spunti creativi per rilanciare pratiche artigianali ancora preziose per l’economia del territorio.
I manufatti esposti furono molto apprezzati in Italia e nel mondo fino agli anni Cinquanta, quando la qualità, con la produzione industriale, cedette il posto alla quantità. La crisi definitiva occorse con l'avvento delle materie plastiche negli anni Settanta.
Ma da queste parti ancora molti villanovesi ricordano la "camera dello zolfo": una costruzione in muratura di piccole dimensioni, utilizzata con una duplice finalità: da un lato per sbiancare i manufatti finiti e i fasci di erba palustre destinati alla vendita, dall'altro come camera a gas per la disinfestazione dagli insetti che regolarmente si annidavano tra i fasci. Questa costruzione era di proprietà delle famiglie che avevano un laboratorio ben avviato e che pertanto producevano e commerciavano una notevole quantità di manufatti e di erba. Dopo aver sistemato il materiale all’interno della camera, veniva posto un contenitore di metallo dentro al quale si accendeva un po’ di carta e poi si versava sopra lo zolfo in polvere. Le esalazioni di zolfo, a lungo andare, usuravano la muratura e corrodevano i cardini, il catenaccio e i chiodi della porta che periodicamente venivano sostituiti. Nel periodo di maggiore attività a Villanova questo tipo di operazione si faceva tutte le settimane ed anche le famiglie del borgo approfittavano dell’occasione portando i loro manufatti a casa dell’artigiano.
Questo magnifico viaggio nel mondo delle erbe palustri è stato da me compiuto in compagnia dei partecipanti a "Scuola del Territorio", un percorso esperenziale tra le eccellenze di Romagna, organizzato dalla Planet Life Economy Foundation di cui, per la Delegazione Emilia Romagna, la Responsabile è Sara Cirone. Continuate a seguirmi perché il mio storytelling non termina qui. Per visite al museo vi rimando al sito.
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